L’omicidio a Civitanova Marche del sig. Alika Ogochukwu è insieme un tragico, doloroso evento, straordinario, eppure ordinario e prevedibile.
Dietro a questa tragedia ci sono certamente decenni di odio diffuso da alcune forze ed esponenti politici. Ci sono le politiche sull’immigrazione, dagli anni ’90 del scolo scorso basate su logiche securitarie ed emergenziali, senza alcuna tensione né risorsa per costruire modelli di accoglienza e inclusione, senza alcuna tensione a favorire i diritti di cittadinanza. Senza la previsione di canali legali di immigrazione.
Ma nella tragedia che ha colpito il sig. Alika Ogochukwu entra prepotentemente, al di là del caso singolo, la tutela della salute mentale nel nostro Paese. Perché l’omicida del sig. Ogochukwu era un paziente psichiatrico, con un amministratore di sostegno.
Senza nulla togliere alla criminalità del gesto omicida, senza poter né volere indagare sulla capacità di intendere e di volere dell’omicida – che sarà affare della giustizia penale – l’omicida era quindi una persona bisognosa di tutela, di presa in carico, di cura. Tutela non da parte dell’amministratore di sostegno (che risulterebbe essere la madre) come ha scritto ignobilmente qualcuno. Ma tutela e presa in carico da parte del Servizio di Salute Mentale. Non per “rinchiudere” preventivamente l’omicida e via con lui tutti gli altri pazienti psichiatrici, vagabondi e quant’altro come affermato dai soliti nostalgici del manicomio.
L’omicidio del sig. Alika Ogochukwu avviene mentre la salute mentale continua a essere un’emergenza inascoltata.
Eppure, la Corte Costituzionale con la Sentenza n. 22 del 2022 ha accertato che in Italia esiste una carenza di risorse (personale, strutture e finanziamenti) destinate ai servizi di salute mentale, cui è dedicato solo il 2,9 per cento delle risorse complessive per il SSN a forte di un bisogno stimato, nel 2001, del 5% delle risorse complessive destinate al bisogno di salute della popolazione. Nel 2019 la spesa complessiva annua per l’assistenza psichiatrica è stata di € 65,00 per residente. Per ognuno di noi si è speso in un anno, avete capito bene, 65,00 euro: praticamente il costo di un’ora di psicoterapia (a buon mercato).
L’ultimo rapporto UNICEF presenta il suicidio come seconda causa di morte nei giovani di età compresa tra i 15 ed i 19 anni (la prima sono gli incidenti stradali); nonostante in Italia si stimi che, nel 2019, il 16,6% dei ragazzi e delle ragazze fra i 10 e i 19 anni soffrissero di problemi legati alla salute mentale, circa 956.000 in totale. Fra le ragazze, la percentuale era maggiore (17,2%, pari a 478.554) rispetto ai ragazzi (16,1%, pari a 477.518).
Dal Report sul personale del Servizio Sanitario Nazionale del Ministero della Salute relativo all’anno 2018, in Italia sono presenti uno psichiatra pubblico ogni circa 10mila cittadini adulti (9.588 dati istat residenti) e uno psicologo pubblico circa ogni 12mila cittadini (11.899 dati istat residenti), con una età media di 52 anni per i medici e di quasi 56 anni per gli psicologi. Mancano 14mila unità tra infermieri, educatori, assistenti sociali, terapisti della riabilitazione psichiatrica.
Le risposte della politica a questa situazione sono state poche e inefficaci.
È stata indetta nel 2021 la conferenza Nazionale sulla Salute Mentale, a vent’anni dalla prima Conferenza indetta dall’allora Ministra Bindi.
Da tale conferenza è nato un “Tavolo Tecnico sulla Salute Mentale” presso il Ministero della Salute, che nemmeno rappresenta integralmente il mondo che opera nella salute mentale: per dire, le strutture extra ospedaliere (le comunità terapeutiche), non sono presenti, sono state solo ascoltate in una audizione del Tavolo convocando FENASCOP.
Nel 2022 le linee guida presentate sul tavolo della Conferenza Stato Regioni hanno posto obiettivi che rappresentano la certificazione che il sistema non funziona e va fatto funzionare, che il Piano di Azione per la Salute Mentale 2013-2020 non è operativo a distanza di anni dalla sua approvazione e va fatto funzionare. Pura tautologia.
La seconda risposta della politica è stata il “bonus psicologo”. Un pannicello caldo per chi ha la cultura e i mezzi per accedere alla psicoterapia; per tutti gli altri, la definitiva affermazione che il Servizio Sanitario Nazionale abdica alla propria funzione e si arrende.
Invece di “continuare a farsi del male”, come diceva il regista e protagonista di un famoso film italiano, sarebbe ora che la politica e le istituzioni ascoltassero davvero chi opera nell’assistenza psichiatrica, per riprogettare insieme a tutti gli attori il sistema, immettendo le risorse per gestire la ormai innegabile emergenza salute mentale e costruire, a partire dalla scuola, una vera e propria prevenzione per la salute individuale e collettiva, anche mentale.
La pandemia ci ha insegnato quanto sia importante la salute, la prevenzione e la cura ospedaliera, territoriale e di comunità. Ma la Pandemia non ci ha insegnato e non può insegnarci come farlo: è ora di iniziare a studiare come.
Ci ripetiamo: a partire dalla politica e dalle istituzioni, che anche in questo campo sembrano auto referenziali ed incapaci di ascoltare. Per poi lamentarsi della sempre minore partecipazione al voto ricercare più o meno probabili alleanze anziché dare risposte.
Torino, li 2.8.2022
Avv. Emilio Robotti – Presidente Nazionale FENASCOP
Federazione Strutture Comunitarie Psicosocioterapeutiche